martedì 17 aprile 2012

MA L'INCHINO PIÚ PERICOLOSO NON E' STATO QUELLO DI SCHETTINO



Oggi la parola “inchino”, innocua  fino a ieri l’altro – e perfino un po’ retro - ha acquistato un nuovo, sinistro significato.
Ma l’azzardata manovra del capitano Schettino non rappresenta un’eccezione: il cosiddetto “inchino” della nave all’isola del Giglio era un rito. Pare già ripetuto per cinquantadue volte. Un rito improvvisamente salito alla ribalta delle cronache solo perché, alla cinquantatreesima, è finito male. Che era pericoloso si sapeva. Dunque, la domanda è: perché succedesse quello che è successo, tra tutti gli attori della tragedia, chi è stato connivente con chi? Quante volte e davanti a quale vanità o necessità si è scelto di chinare tacitamente la testa? E in che modo gli inchini di molti, da tutti compiuti con leggerezza,  hanno creato la sequenza che ha condotto alla catastrofe?
Questa domanda oggi pende sulla testa della Costa Crociere ma la dovrebbero tenere presente tutte le organizzazioni. Chinare la testa di fronte a qualcosa di non lecito o di non chiaro, e magari rifiutarsi di vederlo, può costare molto caro. Basta pensare al Columbia, lo shuttle precipitato negli U.S.A. nel 2003. I tecnici avevano rilevato la presenza di anomalie ma, così sembra, la faccenda venne sottovalutata da chi doveva prendere le decisioni. Tutti misero a tacere i loro dubbi e chinarono la testa: di fronte alle difficoltà, alla burocrazia, al destino, ai giochi di potere. Sette morti qua, trentatré là. Tanto può costare un inchino.











mercoledì 4 aprile 2012

LA NOSTRA PIU' GRANDE PAURA...







La nostra paura più profonda non è quella di essere inadeguati.
La nostra paura più grande è che noi siamo potenti al di là di ogni misura.
E’ la nostra luce, non il nostro buio ciò che ci spaventa.
Ci domandiamo: “Chi sono io per essere brillante, magnifico, pieno di talento, favoloso?”.
In realtà, chi sei tu per non esserlo? Tu sei un figlio dell’Universo.
Il tuo giocare a sminuirti non serve al mondo.
Non c’è nulla di illuminato nel rimpicciolirsi in modo che gli altri non si sentano insicuri intorno a noi.
Noi siamo fatti per risplendere come fanno i bambini.
Noi siamo fatti per rendere manifesta la gloria dell’universo che è in noi.
Non solo in alcuni di noi, è in ognuno di noi.
E quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, noi, inconsciamente,
diamo alle altre persone il permesso di fare la stessa cosa.
Quando ci liberiamo dalle nostre paure, la nostra presenza automaticamente libera gli altri."

Nelson Mandela










lunedì 2 aprile 2012

LOST





Stand still. The trees ahead and bushes beside you
Are not lost. Wherever you are is called Here,
And you must treat it as a powerful stranger,
Must ask permission to know it and be known.
The forest breathes. Listen. It answers,
I have made this place around you.
If you leave it, you may come back again, saying Here.
No two trees are the same to Raven.
No two branches are the same to Wren.
If what a tree or a bush does is lost on you,
You are surely lost. Stand still. The forest knows
Where you are. You must let it find you.
David Wagoner -
A volte, quando pensiamo di esserci persi, vale la pena fermarsi; stare immobili “in mezzo alla foresta” e agli intrichi da cui non riusciamo più a uscire. E aspettare, in un certo senso, che sia “la foresta” a trovare noi. 
Questa poesia di Wagoner è un invito a sostare tranquilli nell’incertezza, senza agire freneticamente a tutti i costi. Gustarsi fino in fondo la sensazione di essersi perduti è spesso il primo passo per ritrovarsi.